Coccarde asburgiche a Udine in Borgo Stazione per ricordare l'"Imperatore della Ferrovia"

La scusa del 194° genetliaco di Francesco Giuseppe d'Austria cui la Capitale del Friuli Storico deve binari e stazione si costituisce come occasione per fare il punto sulla situazione del quartiere ferroviario il cui storico comitato autoctono è di regola escluso dalla scena ufficiale. Il coordinatore prof. Travain: "Senza il dialogo tra tutte le parti il risultato è l'acredine e lo scontro sociale!".
Compiva gli anni il 18 agosto quell'imperatore Francesco Giuseppe d'Asburgo-Lorena cui Udine deve ferrovia e stazione. Era nato nel 1830 ed divenuto imperatore d'Austria - e anche duca del Friuli - a diciotto anni, nel 1848. Da allora e ben oltre la sua morte, avvenuta nel 1916, i "suoi" popoli continuarono a festeggiare il suo genetliaco non come quello di un atroce tiranno bensì di vero padre di una patria d'armonia tra le genti e di serietà. Sino ad una decina di anni fa a Giassico, nel Cormonese, il genetliaco imperiale era onorato con grande concorso internazionale. A Udine, da anni, il Coordinamento Civico Udinese "Borgo Stazione" rinnova non senza difficoltà, in quell'anniversario, il ricordo sostanzialmente del "padre della patria" rionale poiché per la metropoli del Friuli Franz Joseph è da ricordarsi come l'"Imperatore della Ferrovia". Fu grazie a lui e su consiglio del vecchio generale Radetzky che Udine ebbe il suo primo collegamento ferroviario con il resto d'Europa. I binari avrebbero potuto prendere altre strade e tagliar fuori del tutto la Città di Attila! Coccarde asburgiche giallonere sono quindi comparse nei punti chiave del suburbio storico ferroviario divenuto oggi parte del centro città. "Vuole essere un omaggio ma prima ancora chiara proposta di presa di coscienza di radici e ragioni di una vicenda urbana che dovrebbero essere punto di partenza di ogni progetto di riqualifica urbanistica ma soprattutto socioculturale del territorio. Il Comune e il 'giornalone' stracittadino non ci considerano. E non ci considera l'esclusivista congerie di sigle oggi compattata da certi personaggi devoti al peggior globalismo sradicato e sradicante che hanno già in varie occasioni dimostrato nei fatti di volerci ignorare. E questi sarebbero i grandi fautori dell'inclusione! Un'inclusione che esclude il legittimo sogno autoctono di permanere come civiltà aggregante, forte delle sue memorie storiche e dei suoi ideali di comunità. Poi ci sono le scuole, i dirigenti scolastici, esperti nel fare orecchie da mercante. 'Nuie di fâ'! Non che gli autoctoni - si fa per dire - siano stati diffuso esempio in questi decenni di coscienza civica profonda e di spirito di mobilitazione. Dal 2003, noi non siamo mai un vero movimento ma un volenteroso coordinamento, perché tanta gente allora se ne fregava e gli stessi commercianti - ora in prima linea nel rivendicare sicurezza e ordine - ci guardavano in cagnesco, considerandoci dei guastafeste, tra l'altro inventori di un toponimo sgradevole alla massa ignorante di certa mediocre borghesia perbenista che animava l'antico 'Parioli di Udine'. Ora è il più accattivante ma improprio 'Quartiere delle Magnolie' ad essere associato al disagio e al disordine cittadini, condivisi ormai con le più centrali contrade e piazze della città storica. Ha avuto ragione il presidente Fedriga - che certo non brilla come campione serio dell'identità regionale sebbene come tale si spacci e come tale sia inteso da suoi: finanziare progetti di riqualifica delegati dal Comune di Udine al Politecnico di Torino sostanzialmente senza condizione di desiderata, desiderata implicanti un orizzonte di armonizzazione e pacificazione socioculturali accettabili e condivisibili che certo al momento Palazzo D'Aronco non mostra di avere!". Così il coordinatore e conservatore arengario del vecchio coordinamento civista rionale, prof. Alberto Travain, a chiarire anche senz'altro i motivi dell'apparente assenza sulla scena cittadina del comitato storico, di fatto non considerati da Comune e ad esempio Messggero Veneto. "Diceva l'amatissimo e dimenticato don Tarcisio Bordognon: 'Tal bandon des perifariis de Storie pûr la jerbe e cres. Che anzit plui a son bandonadis e plui la jerbe e cres, si fâs fuarte, arbul!'. Speriamo che davvero sia così. 'Mai molâ! - Duri al pezzo!' era il motto della compianta e indimenticabile nostra presidente sig.ra Francesca De Marco. Faremo così, ma sappiano Lor Signori che non ce la raccontano!".