Giornata friulana di mobilitazione contro la precarietà contemporanea

Dura condanna dei fogolaristi udinesi all'indirizzo della cosiddetta civiltà globalista occidentale, promotrice di un precariato non soltanto lavorativo bensì esistenziale alquanto deleterio per l'Umanità. L'occasione è stata il ricordo a Udine del giovane suicida friulano ribelle a tale stato di cose nel 2017 in quel di Tarcento. Il coordinatore prof. Travain: "Oggi nulla è fatto per durare ma soltanto per consumare poiché non si deve ambire a conservare ma a comprare e vendere, quindi a cambiare continuamente, per capriccio proprio o interesse altrui. Non possiamo ribellarci? Dichiariamoci almeno fieramente contrari, ormai cosa non scontata! Quella di Valentini non fu debolezza bensì fierezza disperata di fronte a un sistema marcio con cui gran parte di noi è felicemente connivente!".
"Su chest ricuart storic achì dal grant ribalton di popul regjonâl nostran dal Carnevâl 1511, si fâs onôr a chel ardît zovin furlan Michele Valentini, patoc "Cato Foroiuliensis" cuintri de piês tiranie, che si à cjolt di chest mont par proteste in face di un vivi e lavorâ balarins di zornade di vuê (31 zenâr 2017). Ca la sô ultime letare / By this historical testimony of our great civic regional Carnival revolt of 1511, we pay tribute to the brave Friulian youngman Michele Valentini, a true "Cato Foroiuliensis" against the worst tyranny, who killed himself in protest at the existential and job insecurity of modern times (31 january 2017). This is his last letter". Così, in friulano ed inglese, a rappresentare il senso locale e globale del caso e dell'argomento, il Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico "Fogolâr Civic" ha introdotto, a Udine, mercoledì 31 gennaio 2024, in Piazzetta Belloni, presso la Vera di San Giovanni, cimelio della "Joibe Grasse" 1511, primo grande moto di popolo dell'Europa moderna, la mesta lettura dell'amaro messaggio lasciato, nel 2017, dal giovane suicida tarcentino ribelle al precariato economico ed esistenziale contemporaneo. "Ho vissuto (male) per trent'anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi. Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un'arte. Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l'altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità. Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia. Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile. A quest'ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po' non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo. Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive. Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c'entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione. Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c'è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un'epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare. Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l'alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l'ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c'è davvero bisogno. Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po'. Basta con le ipocrisie. Non mi faccio ricattare dal fatto che è l'unico possibile, io modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all'individuo, non ai comodi degli altri. Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino. Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene. Dentro di me non c'era caos. Dentro di me c'era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un'accusa di alto tradimento. P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi. Ho resistito finché ho potuto". "Non siamo a celebrare bensì a rispettare profondamente l'estremo gesto di Michele Valentini in faccia ad una società contemporanea seminatrice di bugie, esaltatrice dell'effimero e nemica di ogni orizzonte di solidità: la società del disimpegno, dell''mordi e fuggi', dell''usa e getta'!" ha detto il coordinatore fogolarista prof. Alberto Travain alla qualificata delegazione civista comparsa per l'occasione, presenti la prof.ssa Renata Capria D'Aronco cameraro presidente del risorto Arengo civico udinese, il procuratore arengario dott.ssa Maria Luisa Ranzato e le consigliere popolari rionali prof.ssa Alessandra Candriella, sig.ra Marisa Celotti e sig.ra Renata Marcuzzi, che hanno espresso le loro riflessioni sul tema. "Titolare della Capitale del Friuli Storico ed erede morale della cosmopolita grande metropoli alpino-adriatica di Aquileia, la cittadinanza udinese, riunita in arengo il 30 settembre 2019 presso la prestigiosa sede universitaria locale di Palazzo di Polcenigo o Garzolini di Toppo Wassermann, dichiara la scadenza del 31 gennaio Giornata friulana di mobilitazione contro la precarietà, commemorativa del suicidio del giovane corregionale Michele Valentini, avvenuto nel 2017 quale atto di protesta estremo in faccia al precariato lavorativo ed esistenziale contemporaneo": così, appunto, nel 2019, l'Arengo cittadino aveva disposto, divenendo in seguito tradizione appuntamento sociale presso la citata ghiera da pozzo nel centro di Udine.